Giuseppe te ca 1 euro, vammi a cattari na buttigghia i pommarola chi stamatina ma scuddai ma pigghiu a putia. Cu restu a cattiti chiddu chi voi, basta chi non ti catti vularie. Si proprio te na cattari, a cattiti i carruba chi su boni. 1 Questa frase sembra molto normale oggi, va be in sicilia ovviamente, ma un un tempo, non molto lontano, quando la globalizzazione, la tecnologia e commercializzazione dei prodotti non era così forte come ai giorni odierni, la frase non reggeva. Non tutti avevano la possibilità di comprare una bottiglia di pomodoro. E allora come si faceva? non si mangiava la famosissima e ricorrente pasta alla norma? Magari all’epoca non era così ricorrente era un piatto della domenica. No non se ne faceva a meno e per non farlo mancare a tavola, quasi tutti si adoperavano a fare le bottiglie in casa, in garage oppure in giardino. Giuseppe era molto ubbidiente e tornò a casa con la passata e le carrube. La passata che diede alla mamma, gli ricordò la storia di buttugghi i pummorola allora disse alla mamma, se poteva raccontarle la storia di quando lei faceva le bottiglie in casa. La mamma dapprima stentò a raccontarla, aveva già raccontato la storia delle bottiglie si tante volte che non aveva voglia, ma davanti alla faccia del figlio Giuseppe che esprimeva in uno sguardo “dai dai mamma ti prego raccontamela per favore..lo sai che mi piace tanto..” Allora la mamma non ne può fare a meno e comincia la storia.
La preparazione delle bottiglie di pomodoro era una ricorrenza annuale, era una cosa bellissima e per noi tutti nella famiglia era come se fosse una festa. La notte precedente alla preparazione delle bottiglie di pomodoro, non riuscivo a pigliare sonno per l’agitazione e per la voglia di fare le bottiglie. La mattina prestissimo, prima ancora dell’alba, mi posizionai li in terrazza ad aspettare il rientro del nonno. Quel momento lo ricordo sempre, mi luccicavano gli occhi a vedere la lapa i Puddicinu arrivare carica di pomodori, tutti rossi ma rossi, rossi belli tutti luccicanti. Non so se perchè ero piccina oppure perché i pomodori erano i casa 2, riuscivo a percepire l’odore già da quella distanza. Di corsa balzavo giù per le scale urlando come una forsennata Oggi facemu i buttigghi!! Oggi facemu i buttigghi!! una volta lì davanti alle cassette, ne prendevo sempre un paio, li toccavo, il odoravo… ummm che buoni!!! Ii adoravo. Gli davo una sciacquata veloce e li mangiavo così sani sani.
Nel cortile la nonna preparava tutte le bottiglie di vetro, bottiglie recuperate da innumerevoli bevute di birra. Una per una, le insaponava e metteva in ammollo nella bagnarola. Noi ragazze, le davamo una mano, le immergevamo nelle bagnarole in modo da rimuovere bene tutto il detersivo e così da lavarle bene bene. Ogni tanto di nascosto arrivavano i cugini che ci bagnavano con la pompa, noi per giocare poi bagnavamo loro. Era divertentissimo ridevamo e correvamo come i pazzi. La nonna se ci vedeva si biliava e ci urlava contro Viditi chiddu ca aviti a fari, si vi sciuppiati poi vi dugnu i supra. Oggi amu a travagghiari amo a fari i buttigghi, e si cuntinuati accusi finisci chi vi sciuppiati e namu a ricurdari a iunnata. 3 infine tutti bagnati finivamo di sciacquare le bottiglie rimaste. Lasciavamo tutte le bottiglie, tantissime bottiglie al sole tutte luccicanti a riposare e asciugare. Ma i giochi con l’acqua non finivano qui! Subito dopo si cominciava con il lavaggio delle cassette dei pomodori. buttavamo i pomodori dentro le bagnarole, li lasciavamo in ammollo per un pò e poi uno per uno li prendevamo e riponevamo dentro le cassette.
La nonna e le zie nel frattempo, preparavano un gran fuocherello acceso per terra e sopra al fuoco c’era la più grande casseruola mai vista, io anche se piccola, ero molto alta, superavo il metro e venti ma ciò nonostante, non arrivavo a vedere dentro la casseruola. Per vedere dentro, dovevo salire su una scaletta. Mi piaceva guardare i pomodori mentre cuocevano, era bello tutto quei pomodori che strofinavano tra loro, tanto calore e bollore che usciva e un profumo intenso di pomodoro. I pomodori più piccoli ogni tanto saltavano in alto per il tanto bollore. Con un grande arnese, che io da piccola lo vedevo come il più grande cuppino che si è fuso ad uno scolapasta, venivano afferrati i pomodori pronti, quelli più pronti, pronti perché stavano a galla, lì pronti ad uscire. Una volta afferrati, li facevano rotolare giù per la macchina mangia pomodori. La macchina mangia pomodori, stava sotto il controllo della zia Pizzitta. Lei si occupava di mettere in moto la macchina, fermarla se bloccata e aiutava i pomodori a essere spremuti per bene. Li aiutava con un mattarello, li spingeva giù per il canale e man mano che scendevano, gli diceva: entrate entrate, mettetevi in fila e non spingete ci state tutti e a breve sarete uniti per sempre. Un bel succo rosso vivo, molto concentrato, caldo e intenso, colava giù dalla macchina e finiva in una grande pentola. Da un altra estremità della macchina, uscivano le bucce e Pizzitta, di tanto intanto si occupava di passarle nuovamente nella macchina.
La postazione successiva era proprio la mia e della zia Maria. Io mi occupavo di prendere le bottiglie dalle ceste, di staccare le foglie dal grande mazzo di basilico e di mettere due foglioline all’interno di ogni bottiglia. Mi piaceva tanto questo compito perchè sentivo l’odore intenso del basilico sulle mani. La zia Maria, prendeva la bottiglia da me preparate e la metteva sotto il rubinetto, girava la valvola e fuoriusciva il caldo succo di pomodoro. Lasciava aperto il rubinetto fintanto che la bottiglia non si fosse ben riempita di succo di pomodoro.
Lo zio Tano, con grande maestria e tanta attenzione, prendeva le bottiglie molto calde per via del sugo che fumava fin fuori dal collo delle bottiglie, le piazzava sotto un’altra postazione. Prendeva un tappo e lo attaccava ad una calamita di un altro macchinario, poi con decisione e fermezza girava una grossa manovella fintanto che il tappo non fosse ben attaccato alla bottiglia. Faceva una veloce verifica in modo da testare che fosse ben chiusa e dava l’ok a Giorgo che si occupava di prendere la bottiglia e riporla nella cassetta. Giorgio non era di famiglia ma era come se lo fosse. Noi lo facevamo stare li a svolgere il suo compito. Sebbene fosse un piccolo compito, lo faceva tanto contento. Adesso le bottiglie di pomodoro, dopo tutti questi step seguiti con cura sono pronte!! Giuseppe era ancora molto attento e sentendo la false e sapendo che la storia non finisce così subito ribatte dai mamma lo so che non finisce così, continua a raccontare. E allora la mamma riprende: è vero, Il bello deve ancora arrivare.
Si prendevano dei grandi barili ex barili di petrolio davvero enormi sempre molto più alti di me. Lo zio o la nonna con l’aiuto di una scala, si calavano dentro a testa in giù e pian piano ci mettevano dentro le bottiglie di pomodoro, disposte una accanto all’altro non proprio attaccate ma vicine, poi sopra uno strato di panni e pezze vecchi e così via. Quando si giungeva alla fine, sopra l’ultimo strato di pezze, si mettevano delle pietre per tenere il tutto fermo. Infine si versava dentro l’acqua con una pompa che dal basso saliva fino in cima, era importante che fosse riempito tutto fino all’orlo. A questo punto, proprio sotto i grandi barili, venivano accesi altri grandi fuochi. Dopo un pò di ore, il tempo di mettere apposto tutta l’attrezzatura, si spegnevano i fuochi e si lasciavano dentro le bottiglie tutta la notte a raffreddare e a riposare.
Nta notti a Nonna non pigghiava sonnu, si girava e si vutava, stava cu penseri pi buttigghi. Giuseppe u sai picchì a nonna aviva u penseri e buttighie? 4 disse la mamma. Picchi na vota, succidiu nu macello, i buttigghi non furunu chiusi pi come si devi e nta nanzi a notti, i buttighi scuppiarunu e na ranni botta si sintiu! 5 rispose subito Giuseppe a tono. Si bravo, fecero una botta fortissima e la nonna saltò in aria. Quella notte fortunatamente era andato tutto bene, nessuna bottiglia scoppiò. L’indomani mattina, tirarono fuori tutte le bottiglie una per una ed erano tutte integre, troppo belle e troppo buone. Riponemmo le bottiglie all’interno delle cassette che poi posizionammo all’interno di grandi scaffali. Che bello tutte le bottiglie per l’anno per la famiglia erano pronte. Ne prendemmo subito un paio e preparammo una pasta al pomodoro per tutti. Quella pasta, la ricordo ancora, aveva il sapore dei pomodori ma anche di tutti noi e di tutti gli sforzi fatti per produrre la passata. Dai Giuseppe è pronto, adesso mangiamoci la nostra pasta al pomodoro e immaginiamo di averla fatta con le nostre mani. Dai Giuseppe è pronto, adesso mangiamoci la nostra pasta al pomodoro e immaginiamo di averla fatta.
Giuseppe tieni 1 euro, vai a comprare una bottiglia di pomodoro, questa mattina me la sono scordata di comprarla alla bottega. Con il resto dei soldi, comprati tutto quello che vuoi, però non ti comprare porcherie. Se proprio te le devi comprare, compra le carrube che sono più sane. ↩︎
prodotti a kilometro 0, prodotti in campagna familiare. ↩︎
Prestate attenzione a quello che fate, se vi fate male poi io vi do altre botte. Oggi dobbiamo lavorare, dobbiamo fare le bottiglie di pomodoro, se continuate così, rischiate di farvi male e poi finisce che finiamo all’ospedale e ci ricorderemo per sempre di questa giornata sventurata. ↩︎
Durante la notte la nonna non prendeva sonno. si girava e rigirava, stava con il pensiero alle bottiglie. Giuseppe lo sai perchè la nonna aveva il pensiero alle bottiglie? ↩︎
Perché una volta è successo che non erano state chiuse bene e allora durante la notte sono scoppiate, facendo un gran fracasso ↩︎