sicilia

I buttigghi i pummarola

Giuseppe te ca 1 euro, vammi a cattari na buttigghia i pommarola chi stamatina ma scuddai ma pigghiu a putia. Cu restu a cattiti chiddu chi voi, basta chi non ti catti vularie. Si proprio te na cattari, a cattiti i carruba chi su boni. 1 Questa frase sembra molto normale oggi, va be in sicilia ovviamente, ma un un tempo, non molto lontano, quando la globalizzazione, la tecnologia e commercializzazione dei prodotti non era così forte come ai giorni odierni, la frase non reggeva. Non tutti avevano la possibilità di comprare una bottiglia di pomodoro. E allora come si faceva? non si mangiava la famosissima e ricorrente pasta alla norma? Magari all’epoca non era così ricorrente era un piatto della domenica. No non se ne faceva a meno e per non farlo mancare a tavola, quasi tutti si adoperavano a fare le bottiglie in casa, in garage oppure in giardino. Giuseppe era molto ubbidiente e tornò a casa con la passata e le carrube. La passata che diede alla mamma, gli ricordò la storia di buttugghi i pummorola allora disse alla mamma, se poteva raccontarle la storia di quando lei faceva le bottiglie in casa. La mamma dapprima stentò a raccontarla, aveva già raccontato la storia delle bottiglie si tante volte che non aveva voglia, ma davanti alla faccia del figlio Giuseppe che esprimeva in uno sguardo “dai dai mamma ti prego raccontamela per favore..lo sai che mi piace tanto..” Allora la mamma non ne può fare a meno e comincia la storia. La preparazione delle bottiglie di pomodoro era una ricorrenza annuale, era una cosa bellissima e per noi tutti nella famiglia era come se fosse una festa. La notte precedente alla preparazione delle bottiglie di pomodoro, non riuscivo a pigliare sonno per l’agitazione e per la voglia di fare le bottiglie. La mattina prestissimo, prima ancora dell’alba, mi posizionai li in terrazza ad aspettare il rientro del nonno. Quel momento lo ricordo sempre, mi luccicavano gli occhi a vedere la lapa i Puddicinu arrivare carica di pomodori, tutti rossi ma rossi, rossi belli tutti luccicanti. Non so se perchè ero piccina oppure perché i pomodori erano i casa 2, riuscivo a percepire l’odore già da quella distanza. Di corsa balzavo giù per le scale urlando come una forsennata Oggi facemu i buttigghi!! Oggi facemu i buttigghi!! una volta lì davanti alle cassette, ne prendevo sempre un paio, li toccavo, il odoravo… ummm che buoni!!! Ii adoravo. Gli davo una sciacquata veloce e li mangiavo così sani sani. Nel cortile la nonna preparava tutte le bottiglie di vetro, bottiglie recuperate da innumerevoli bevute di birra. Una per una, le insaponava e metteva in ammollo nella bagnarola. Noi ragazze, le davamo una mano, le immergevamo nelle bagnarole in modo da rimuovere bene tutto il detersivo e così da lavarle bene bene. Ogni tanto di nascosto arrivavano i cugini che ci bagnavano con la pompa, noi per giocare poi bagnavamo loro. Era divertentissimo ridevamo e correvamo come i pazzi. La nonna se ci vedeva si biliava e ci urlava contro Viditi chiddu ca aviti a fari, si vi sciuppiati poi vi dugnu i supra. Oggi amu a travagghiari amo a fari i buttigghi, e si cuntinuati accusi finisci chi vi sciuppiati e namu a ricurdari a iunnata. 3 infine tutti bagnati finivamo di sciacquare le bottiglie rimaste. Lasciavamo tutte le bottiglie, tantissime bottiglie al sole tutte luccicanti a riposare e asciugare. Ma i giochi con l’acqua non finivano qui! Subito dopo si cominciava con il lavaggio delle cassette dei pomodori. buttavamo i pomodori dentro le bagnarole, li lasciavamo in ammollo per un pò e poi uno per uno li prendevamo e riponevamo dentro le cassette. La nonna e le zie nel frattempo, preparavano un gran fuocherello acceso per terra e sopra al fuoco c’era la più grande casseruola mai vista, io anche se piccola, ero molto alta, superavo il metro e venti ma ciò nonostante, non arrivavo a vedere dentro la casseruola. Per vedere dentro, dovevo salire su una scaletta. Mi piaceva guardare i pomodori mentre cuocevano, era bello tutto quei pomodori che strofinavano tra loro, tanto calore e bollore che usciva e un profumo intenso di pomodoro. I pomodori più piccoli ogni tanto saltavano in alto per il tanto bollore. Con un grande arnese, che io da piccola lo vedevo come il più grande cuppino che si è fuso ad uno scolapasta, venivano afferrati i pomodori pronti, quelli più pronti, pronti perché stavano a galla, lì pronti ad uscire. Una volta afferrati, li facevano rotolare giù per la macchina mangia pomodori. La macchina mangia pomodori, stava sotto il controllo della zia Pizzitta. Lei si occupava di mettere in moto la macchina, fermarla se bloccata e aiutava i pomodori a essere spremuti per bene. Li aiutava con un mattarello, li spingeva giù per il canale e man mano che scendevano, gli diceva: entrate entrate, mettetevi in fila e non spingete ci state tutti e a breve sarete uniti per sempre. Un bel succo rosso vivo, molto concentrato, caldo e intenso, colava giù dalla macchina e finiva in una grande pentola. Da un altra estremità della macchina, uscivano le bucce e Pizzitta, di tanto intanto si occupava di passarle nuovamente nella macchina. La postazione successiva era proprio la mia e della zia Maria. Io mi occupavo di prendere le bottiglie dalle ceste, di staccare le foglie dal grande mazzo di basilico e di mettere due foglioline all’interno di ogni bottiglia. Mi piaceva tanto questo compito perchè sentivo l’odore intenso del basilico sulle mani. La zia Maria, prendeva la bottiglia da me preparate e la metteva sotto il rubinetto, girava la valvola e fuoriusciva il caldo succo di pomodoro. Lasciava aperto il rubinetto fintanto che la bottiglia non si fosse ben riempita di succo di pomodoro. Lo zio Tano, con grande maestria e tanta attenzione, prendeva le bottiglie molto calde per via del sugo che fumava fin fuori dal collo delle bottiglie, le piazzava sotto un’altra postazione. Prendeva un tappo e lo attaccava ad una calamita di un altro macchinario, poi con decisione e fermezza girava una grossa manovella fintanto che il tappo non fosse ben attaccato alla bottiglia. Faceva una veloce verifica in modo da testare che fosse ben chiusa e dava l’ok a Giorgo che si occupava di prendere la bottiglia e riporla nella cassetta. Giorgio non era di famiglia ma era come se lo fosse. Noi lo facevamo stare li a svolgere il suo compito. Sebbene fosse un piccolo compito, lo faceva tanto contento. Adesso le bottiglie di pomodoro, dopo tutti questi step seguiti con cura sono pronte!! Giuseppe era ancora molto attento e sentendo la false e sapendo che la storia non finisce così subito ribatte dai mamma lo so che non finisce così, continua a raccontare. E allora la mamma riprende: è vero, Il bello deve ancora arrivare. Si prendevano dei grandi barili ex barili di petrolio davvero enormi sempre molto più alti di me. Lo zio o la nonna con l’aiuto di una scala, si calavano dentro a testa in giù e pian piano ci mettevano dentro le bottiglie di pomodoro, disposte una accanto all’altro non proprio attaccate ma vicine, poi sopra uno strato di panni e pezze vecchi e così via. Quando si giungeva alla fine, sopra l’ultimo strato di pezze, si mettevano delle pietre per tenere il tutto fermo. Infine si versava dentro l’acqua con una pompa che dal basso saliva fino in cima, era importante che fosse riempito tutto fino all’orlo. A questo punto, proprio sotto i grandi barili, venivano accesi altri grandi fuochi. Dopo un pò di ore, il tempo di mettere apposto tutta l’attrezzatura, si spegnevano i fuochi e si lasciavano dentro le bottiglie tutta la notte a raffreddare e a riposare. Nta notti a Nonna non pigghiava sonnu, si girava e si vutava, stava cu penseri pi buttigghi. Giuseppe u sai picchì a nonna aviva u penseri e buttighie? 4 disse la mamma. Picchi na vota, succidiu nu macello, i buttigghi non furunu chiusi pi come si devi e nta nanzi a notti, i buttighi scuppiarunu e na ranni botta si sintiu! 5 rispose subito Giuseppe a tono. Si bravo, fecero una botta fortissima e la nonna saltò in aria. Quella notte fortunatamente era andato tutto bene, nessuna bottiglia scoppiò. L’indomani mattina, tirarono fuori tutte le bottiglie una per una ed erano tutte integre, troppo belle e troppo buone. Riponemmo le bottiglie all’interno delle cassette che poi posizionammo all’interno di grandi scaffali. Che bello tutte le bottiglie per l’anno per la famiglia erano pronte. Ne prendemmo subito un paio e preparammo una pasta al pomodoro per tutti. Quella pasta, la ricordo ancora, aveva il sapore dei pomodori ma anche di tutti noi e di tutti gli sforzi fatti per produrre la passata. Dai Giuseppe è pronto, adesso mangiamoci la nostra pasta al pomodoro e immaginiamo di averla fatta con le nostre mani. Dai Giuseppe è pronto, adesso mangiamoci la nostra pasta al pomodoro e immaginiamo di averla fatta. Traduzioni: Giuseppe tieni 1 euro, vai a comprare una bottiglia di pomodoro, questa mattina me la sono scordata di comprarla alla bottega. Con il resto dei soldi, comprati tutto quello che vuoi, però non ti comprare porcherie. Se proprio te le devi comprare, compra le carrube che sono più sane. Your browser does not support the audio element. ↩︎ prodotti a kilometro 0, prodotti in campagna familiare. ↩︎ Prestate attenzione a quello che fate, se vi fate male poi io vi do altre botte. Oggi dobbiamo lavorare, dobbiamo fare le bottiglie di pomodoro, se continuate così, rischiate di farvi male e poi finisce che finiamo all’ospedale e ci ricorderemo per sempre di questa giornata sventurata. Your browser does not support the audio element. ↩︎ Durante la notte la nonna non prendeva sonno. si girava e rigirava, stava con il pensiero alle bottiglie. Giuseppe lo sai perchè la nonna aveva il pensiero alle bottiglie? Your browser does not support the audio element. ↩︎ Perché una volta è successo che non erano state chiuse bene e allora durante la notte sono scoppiate, facendo un gran fracasso Your browser does not support the audio element. ↩︎

Che ci fa una scimmia in Sicilia?

Bicchieri svuotati dall’alcol e sparsi di qua e di là su un tavolo colmo di disordine. I bicchieri, sono pieni di menta e lime ormai secchi con uno stretto intreccio che li lega insieme. Posaceneri pieni colmi di cicche, cenere e carta bruciata ancora lievemente fumante. Una forte puzza di fumo presente in tutta la stanza. Amici e gente che non conosco, dormono non molto lontano da me, alcuni sono schiacciati uno sull’altro tutti presi da un forte sonno profondo, pesantemente sprofondati in divani e cuscini che reggono il peso e si deformano per rendere più confortevole il viaggio. Mi sento bene un lieve giramento di testa ma bene, qualcosa è successo ma in quel momento non ricordo nulla. Sorrido e sprofondo ancora in un altro sonno profondo. Riapro gli occhi e vedo i posaceneri che cominciano a muoversi, vanno verso il pattume dove vengono svuotati da Petra. Dal posacenere cade di tutto ma nonostante il posacenere sia trasparente non permette di vedere attraverso. I posaceneri vengono sbattuti per fare cadere la cenere residua, ma rimangono comunque neri, di un nero scuro scuro che mi accende un ricordo, il nero del nero di seppia della pasta mangiata la sera prima, che buona! Faccio forza per tirare su il braccio pendente giù dal divano e scorgo un cuoricino sull’avambraccio con una scritta si senti lu cori chi batti. Sai aunni truvarmi. 1 Sono molto perplesso, non ricordo ma sento qualcosa e mi piace. Una scimmia entra dalla finestra era stata spalancata per via della puzza di fumo. La scimmia, comincia ad urlare e fa un chiasso della madonna, quasi tutti si svegliano, si alzano di colpo ed escono fuori in giardino. Io salto in piedi di colpo e faccio dei movimenti ondulatori avvicinandomi verso la scimmietta, cerca ndo di farla uscire dalla finestra. Ma la scimmia non ne vuole sapere, prende un mela e me la scaglia contro poi prende un arancia e la scaglia sempre contro di me con più potenza e cattiveria, continua così con tutto il cestino di frutta. Io dopo aver preso la prima mela in faccia prendo un bastone e come in fruit ninja cerco di colpire la frutta mandandola a destra e a sinistra. Frutta che vola in tutta casa e muri che si sporcano di succhi vari. Appena la frutta finisce, cerco di avvicinarmi alla scimmia aprendo le braccia in cenno di pace, allora le dico scimmietta camo a fari, non vidi chi semu a menzu a na strada. Magari tu ta mettiri a fari burdellu. 2 Allora la scimmia comincia a parlare e io sono ancora più perplesso e dice ma chi ci fai ca, senti lu cori e vai a circari a fimmina chi ieri sira t’apriu lu cori. 3 A quel punto ho realizzato che stava tutto nella mia testa, le scimmie possono anche lanciare la frutta ma non credo parlino e poi che ci fa una scimmia in sicilia? I ricordi ancora non mi aiutano, penso che un caffè possa aiutarmi, allora mi alzo e sento un dolore al ginocchio, mi accende un ricordo dei piccoli kart della gara organizzata la sera prima. io troppo grosso, non ci stavo nel kart e allora mi sbattevano le ginocchia sulla carrozzeria del kart. Prendo la caffettiera del caffè e mentre cerco di aprirla, vedo un’altra scritta sull’altro braccio non ti fari pigghiari du sonnu! vidi chi ie ionnu! vidi chi ionnu! 4 ma che minkia è successo ieri notte penso… Fiuuuubrururburur bu sento il rumore del caffè, è salito, spengo il fornello e mi verso una grande tazza, ne avevo proprio bisogno. Il rumore e probabilmente l’odore sveglia anche Pippo che si avvicina un pò storto e dice Minkia comu ni divirtemmu aieri sira…chi c’è u cafè? 5 Faccio un cenno con la testa allora si versa anche lui una tazza e si accende subito una sigaretta. Gli chiedo se si ricordava qualcosa della donna che avevo conosciuto la sera prima, ma niente, non ricordava nulla e rideva come un matto guardando le scritte che avevo addosso. Perlustrai attorno in cerca di qualcosa e vidi teli da mare bagnati, mi ricordai del bagno di mezzanotte dopo i kart. Ad un tratto vidi dei biglietti, biglietti di un circo, ricordavo davvero poco sul circo, però pensai alla scimmia di poco fa e magari poteva esserci qualcosa di collegato con la mia strana immaginazione. Allora mi guardai attorno presi i miei averi e dissi Minni vaiu ou circu. Coccaduno vole a veniri o vi siddiati? 6 sai come quando butti lì qualcosa e l’unica cosa che senti è l’eco di ciò che hai detto. Ecco, la scena è stata proprio questa. Buttai un cenno di saluto a caso a cui ovviamente nessuno rispose mi girai e mi incamminai verso l’uscita. Una volta fori, pensai a come andare. Il circo non era lontanissimo e avevo voglia di riflettere ma soprattutto smaltire tutto l’alcol che avevo assunto la notte prima, allora decisi di andare a piedi. Man mano che camminavo mi ricordai che comunque non avevo alcun mezzo con me in quanto era passato Pippo a prendermi in motorino la sera prima. Rosso e bianco era il grande capannone centrale che si intravedeva già in lontananza, schiamazzi e urla di bambini, fuochi e versi di animali si sentivano da più vicino. Ero stanco e non volevo perdere troppo tempo, allora pensai a cosa potevo fare per accedere ma soprattutto per ricevere risposte. Mi avvicinai all’ingresso e fui subito attratto da una signora bella tutta truccata con colori molto vivaci, i capelli tutti intrecciati che formavano una torre che finiva a punta e su una stellina luminosa. Mi avvicinai, non sapevo cosa dire allora improvvisai: Buongiorno signora ieri mi sono scordato la giacchetta qui, non è che l’avete vista? La signora tirò fuori un sorriso a 27 denti di cui più della metà splendevano d’oro e d’argento e rispose Fosse solu a giacchetta chi ti scurdati aieri sira! Ieri voi carusi, facistu nu maciello! 7 Allora vista la mala figura, mi sentii a mio agio a parlare sinceramente di ciò che ero venuto a fare, la donna mi prese in simpatia anche perchè ieri l’avevamo fatta ridere parecchio allora mi concesse di entrare a dare un occhiata in giro, mi disse di andare al bar dove avrei potuto trovare risposte e disse, spetta u figghiolo ca scimmia. 8 Entrai e andai alla ricerca del bar dove ordinai un caffè mentre attendevo il ragazzo con la scimmia. Poco dopo aver finito il caffè arrivò il ragazzo con la scimmietta. Non appena arrivato, la scimmietta mi corse addosso e mi strofino la testa sul braccio con dolcezza come per salutarmi. Io ricambiai e mi ricordai che durante la notte avevamo giocato assai insieme, le lanciavo noci, nucidde e nocitte e la scimmietta le prendeva al volo e le mangiava. Nel frattempo Marcello mi raccontò tutto della serata trascorsa lì al circo e io man mano avevo dei ricordi un pò più nitidi. Avevo messo la mano nella bocca del leone e non avevo avuto paura. In questo momento solo al ricordo mi salì un gelido formicolio di paura. In questo istante molto probabilmente, non l’avrei mai fatto. Filippa si chiamava la ragazza con cui avevo parlato la notte prima e faceva parte delle danzatrici volanti. Mi ricordai che avevo avuto una scossa notevole guardandola lì, sul filo mentre danzava era di un soave indescrivibile. Marcello, mi disse che subito dopo lo spettacolo avevamo parlato tanto ed eravamo stati molto vicini. Non ricordavo bene però sentivo qualcosa. Allora chiesi dove potevo trovarla e mi disse che a quest’ora stava sempre al capannone centrale ad allenarsi. MI diressi verso il capannone e nel contempo cercavo di ricordarmi, il cuore mi batteva ero leggermente agitato non sapevo che dire che fare. Ad un tratto la vidi e la riconobbi, stava proprio di fronte al capannone stava facendo una pausa, man mano che mi avvicinavo i ricordi diventano sempre più chiari, mi ricordai dei capelli neri ricci degli occhi sempre neri molto penetranti, mi apparve tutto chiaro. Però una volta lì davanti ero imbarazzatissimo e non sapevo che fare, preso dall’imbarazzo e da qualcosa ma non so bene cosa, mi avvicinai e la bacia in bocca. Lei inizialmente mi allontanò e rimase un po scossa ma poi si prese e cominciò a baciarmi e ci legammo insieme per un pò. Dopo qualche istante, ci allontanammo, giusto per vederci in faccia. Lei stava per dire qualcosa allora io la interruppi e le mostrai il braccio. Braccio in cui la notte prima era stata scritto il messaggio d’amore. Il volto di lei, si trasformò in un punto interrogativo, era perplessa come per dire ma che minkia è? Molto probabilmente non era la donna della sera prima pensai. Diventai rosso, non sapevo che fare, pensai che ormai qualcosa fosse nato. Nato a caso ma forse non veramente a caso e comunque poteva non avere importanza. Un attimo dopo realizzai che il tutto non aveva senso e pensai di girarmi e scappare via, via da quell’imbarazzo da quella scena troppo strana, in effetti avevo appena baciato una completa sconosciuta così a caso. Sono ancora in tempo! stavo per girarmi e filare via quando ad un tratto lei fece un sorriso, sorriso strano che voleva dire qualcosa, un po malizioso, si avvicinò e mi baciò ancora più intensamente come se mi conoscesse. Ma boh io come al solito non ho capito niente, ero un pò stanco e assonnato, ho guardato l’altro braccio e ho riletto non ti fari pigghiari du sonnu! vidi chi ie ionnu! vidi chi ionnu! allora spinto da questa frase e dall’impeto del bacio, mi svegliai di colpo e continuai a baciarla per tanto, tantissimo tempo. Eravamo come completi sconosciuti dove, l’unica parola scambiata era stato un bacio, a volte un bacio può dire ed esprimere più di mille parole. Traduzioni: Se senti il cuore che batte, sai dove trovarmi. ↩︎ Scimmietta che sta succedendo, non vedi che siamo già a disagio. Devi contribuire anche tu a fare traffico. ↩︎ Ma che ci fai ancora qui. senti il tuo cuore e vai a cercare la donna che ieri sera ti ha aperto il suo cuore. ↩︎ Non ti fare prendere dal sonno. Vedi che è giorno, vedi che è giorno. ↩︎ Perbacco, come ci siamo divertiti ieri sera… che c’è il caffè? ↩︎ Vado al circo. Qualcuno vuole venire o vi scocciate? ↩︎ Fosse solo la giacchetta che ti sei scordato ieri sera! Ieri voi ragazzi, avete fatto un chiasso esagerato! ↩︎ Aspetta il ragazzo con la scimmia. ↩︎

La campagna e la gallina

Erano le 4.30 e Pierluigi aveva ancora gli occhi chiusi. Era sommerso in un sogno profondo. il sogno di un gioco, guardie e ladri. Pierluigi, era alla ricerca di un posto posizionato in alto, un luogo dove avrebbe potuto godere di una buona visione con multiple vie di fuga. Scelse la terrazza di Floride, una terrazza enorme che offriva una vista sulla piazza centrale del paese. Da lì poteva vedere tutta la piazza e seguire le guardie che avevano appena finito di contare e stavano per andare alla ricerca dei ladri. Un sobbalzo lo svegliò aprì leggermente gli occhi e vide a bettula 1 del nonno. L’aveva usata come cuscino e gli aveva biascicato addosso mentre dormiva. Il sobbalzo era stato causato da Stella la cavalla del nonno che si stava destreggiando nella dura salita che portava alla campagna. Cooooocoocode sentì, un colpo di ali e la bettola iniziò a muoversi. Pierluigi, aveva sonno e non si fece domande sul perché la bettola si muoveva ed emetteva versi di gallina, chiuse gli occhi e riprese a dormire. Appena arrivarono in campagna, si fermarono di fronte all’orto. Scesero dal cavallo, il nonno disse Sta Iddina non è chiu bona a nenti. Non fa qiu ovae non è bona mancu più fari u brodu, c’amo a tagghiari a testa. 2 allora il nonno si girò verso Pierluigi e gli diede un coltello dal manico di legno molto affilato, l’aveva affilato la mattina con tanta cura. Pigghia stu cuteddu, cià fari nun tagghiu nte cannarozzi. Te ca. 3 Pierluigi aveva solo 9 anni era ingenuo e perplesso non capiva il perché di questa azione e non si spiegava perché doveva essere proprio lui a farla. Era molto impaurito dalla gallina. Il nonno la prese tenendola per le ali e tenendogli la testa e gli disse fozza tagghia! allora Pierluigi si avvicinò e avvicinò il coltello alla gola della galliana, la sfiorò, non appena vide il sangue, rabbrividì e si fermò. Il nonno cercò di riprendere il coltello per terminare la gallina. Ad un tratto la gallina gli sfuggì di mano e cominciò ad emettere versi smorzati. Si mise a correre sguazzando sangue di qua e di la. Il sangue schizzò su Pierluigi e sul nonno e sul prato, Sembrava una scena splatter come nei film di Tarantino. Cercarono di acchiappare la gallina ma gli sfuggì, dopo un pò la gallina si stancò e cominciò a barcollare qua e la. Il nonno in un balzo l’afferrò e con un colpo secco gli recise la gola, mentre lo fece, si sentì un ultimo stridulo coccodè che mise fine alle sofferenze della povera gallina. Allora la prese e la appese ad un palo vicino all’orto e disse ora voggiu a vidiri si tornunu staceddi da mala sorti! 4 tutta questa crudeltà per far scappare gli uccellini che in quei giorni mangiavano il raccolto. Il nonno aveva fatto uno spaventapasseri ma non era stato sufficiente. Ci teneva molto alla sua campagna aveva fatto tanti sacrifici e avrebbe fatto qualsiasi cosa per raccoglierne i frutti. Pierluigi era un po scandalizzato dalla scena a cui aveva assistito. Un attimo dopo, si mise al lavoro, doveva mbvirare 5, spostando la suca di rasola a rasola. Mise la suca sotto un grande albero di pesche e si sedette ad aspettare. Ad un tratto, gli calò la palpebra e si trovò di fronte le guardie che stavano salendo dalle scale principali. Allora Pierluigi, scappò verso l’altra uscita della terrazza ma un’altra guardia arrivò velocemente su dalle stesse scale. Una guardia disse ormai sei un trappola, arrenditi. Pierluigi, ci teneva a non essere catturato e avrebbe fatto di tutto, allora si sporse dalla terrazza mentre i due si avvicinavano. Fu lì che capì che poteva farcela, col cuore in gola e la guardia ad un soffio, flush si tuffó dalla terrazza. Durante il volo emise un gemito di follia, ammortizzó la caduta facendo delle capriole sul prato morbido che lo aiutò ad attenuare la caduta. Si chiuse sì tanto in se stesso che successe una cosa insolita, emesse una flatulenza e subito dopo sentì qualcosa che spinse nelle mutande proprio in prossimità del sedere. Non era paura ma causato dalla contrazione che fece il suo corpo. Era piccolo e non sentì alcun dolore, si alzò e continuò a correre fino a casa verso il bagno per finire ciò che era cominciato. Ad un tratto mentre si lavó le mani, sentì l’acqua, la sentì fino ai piedi si svegliò e vide una pozza enorme, si era scordato di spostare la suca e il pesco era pieno colmo d’acqua. Allora prese la suca e di corsa la sposto nella rasula sotto. Dopo un po' arrivo il nonno, Pierluigi era stanco e aveva fame chiese al nonno che ore sono? Il nonno alzò lo sguardo e guardò il sole e disse iè menzionnu ora ni calamu e annamu a manciari. Iai fami? Te docu manciati na pessica. 6 Pierluigi accenno un sospiro di sollievo, domandava spesso che ore erano al nonno, era affascinato da come sapesse sempre l’ora esatta senza l’uso dell’orologio. Il nonno preparò con le foglie dei fichi d’india ei limoni marci u pastrozzu 7 un secchio di mangime che diede alle pecore, andavano pazze per u pastrozzu. Il nonno prese il cavallo e si incamminarono verso casa. Mentre scendevano Pierluigi guardò la campagna ed in lontananza vide la gallina che stava lì, illuminata dal sole, riusciva a vedere chiazze di sangue rosso, qualche goccia che colava piano piano giù. Si sentiva un po' in colpa per la gallina, ma il pensiero svanì un attimo dopo arrivati a casa di fronte a una gran tavola bandita con tutta la famiglia lì pronti a pranzare. Bértula o bisaccia è un manufatto tessile comunemente diffuso su tutto il territorio regionale. Il suo uso ha origini antichissime ed è fortemente legata alla vita quotidiana. In ambito contadino, viene utilizzato per trasportare cibo come frutta, verdura o latte e uova. Oppure anche per utensili. ↩︎ Questa gallina non produce più niente. Non fa più le uova e non è più buona neanche per fare il brodo, dobbiamo tagliarle la testa. ↩︎ Prendi questo coltello e coltello, devi fare un taglio in gola. Tieni ↩︎ Ora voglio vedere se tornano ancora questi uccelli che portano solo guai ↩︎ Mbvirare annaffiare le piante, utilizzato sia con l’utilizzo della suca (canna, pompa) oppure anche tramite canalette a scorrimento d’acqua. ↩︎ E’ mezzogiorno, tra poco torniamo a casa e andiamo a mangiare. Hai Fame? Tieni mangiati una pesca. ↩︎ U pastrozzu composto di limoni e aranci, lasciati sotto un telone e sotto al sole, rimangono lì per giorni, settimane a macerare, in modo da comporre questa melma da un odore molto distinguibile e forte. Viene utilizzato come mangime per gli animali, ha ottimi valori nutrizionali. ↩︎

Il giorno della messa

Din..Don..Din..Don.. Era Domenica mattina, le campane suonarono la prima volta alle 8 la mattina, il suono era molto forte e riecheggia in tutto il paese, quella domenica come tutte le domeniche a quell’ora quasi tutti dormivano compreso Gino. La vecchietta Concettina invece era sveglia da prima dell’alba, sprizzava di gioia e tanta energia, era il suo unico giorno di uscita. Come ogni domenica, Concettina, stava seguendo la sua routine domenicale, si stava preparando a festa! Concettina, dopo aver fatto una colazione molto abbondante, aveva bisogno di tante energie di domenica, si attinge ad effettuare tutte le sue preparazioni. Una doccia molto lunga per sentirsi ben profumata e sveglia, dopo si preparava i capelli, facendo tanti boccoli raccolti uno per uno per comporre come un mazzo di tulipani. Nonostante l’età Concettina aveva ancora tanti capelli, tutti neri. Faceva il colore pochissime volte. Il nero dei suoi capelli era sempre molto forte e acceso. Di domenica, usava legare i capelli con nastro di colore azzurro e rosa e ci faceva sopra un bel fiocco. La faccia tutta incipriata per coprire le occhiaie e un pò i solchi degli anni, pesanti rughe che nonostante la cipria, restavano comunque visibili. Sulle labbra, passava un rossetto, di un rosso ma di un rosso, molto forte che accendeva tutta la faccia e delineava un gran sorriso. Sorriso che aveva sempre stampato in faccia, un sorriso vissuto, che esprime molta serenità e bontà. Scorreva tutti i vestiti migliori, li guardava, li riguardava, li girava, ma alla fine sceglieva quasi sempre il suo vestito preferito. Un vestito bello a quadri nero bianco e grigio. Molto classico ed elegante. Ci attaccava sopra la sua spilla d’oro, spilla di un delfino che aveva ricevuto da sua mamma e a sua volta, sua mamma l’aveva ricevuta da sua Mamma Concetta. Aggiungeva, una collana di perle e due orecchini di perle per dare un tocco ancor più di eleganza. Prendeva la sua borsetta e la riempiva di tutto ciò che poteva essergli utile, un fazzoletto bianco, tutto ricamato da lei stessa, con le sue iniziali PC, un foulard nel caso facesse freschetto, un ventaglio nel caso facesse caldo e un ombrello nel caso piovesse. Pensava proprio a tutto e aveva tanto tempo per prepare tutto al minimo dettaglio. Una volta pronta, si posizionava nel suo posto preferito, posto in cui passava le mattine e i pomeriggi, in genere stava lì, seduta sul balcone a non fare nulla, guardare le macchine passare, i bambini giocare, le foglie cadere e il tempo passare. Invece oggi, aveva una cosa da fare. Stava lì seduta ad aspettare Petra. Petra era una ragazza giovane, figlia di Pippo, cugino di terzo grado di Concetta. Petra era molto affezionata a Concetta e ogni domenica, andava a prenderla a casa e l’accompagnava in chiesa, Concetta faceva fatica a camminare per i suoi dolori di artrosi dovuti all’età. Petra arrivò puntuale alle 10 be un ora prima dall’inizio della messa. Al suo arrivo di nuovo Din..Don..Din..Don.. le campane suonarono di nuovo a festa. Concetta abitava circa 150 mt di distanza dalla Chiesa, generalmente una persona giovane e in salute ci mette circa un minuto a percorrere questo tratto, invece Concetta e Petra uscivano almeno un ora prima, si la vecchietta Concetta aveva qualche acciacco ma non era per quello che uscivano così prima bensì perchè Concetta aveva tanto tempo a disposizione e quello era il suo giorno e voleva goderselo al massimo. Petra una volta arrivata, salutava Concetta. Buongiorno Zia Concetta! Ma comu ti parasti! Si troppu bedda stamatina! 1. Concetta ricambia con tanta gioia e un gran sorriso Buongiorno Petra! oggi, tu si a chiu bedda du paesi! Putemu fari a sfilata! 2. Petra aveva portato un fiore come tutte le domeniche, raccolto dal suo giardino. Si avvicinò a Concetta e lo mise sotto al fiocco e disse. Ora putemu nesciri si troppu bedda! 3. Allora prese la borsetta e insieme si avviarono piano piano verso le scale. Concetta si appoggiò a Petra da un lato e al corrimano in legno dall’altro lato. Faceva scivolare la mano sullo scorrimano, ma benché si fidasse molto di Petra, non si fidava delle sue gambe quindi, stringeva molto forte lo scorrimano che provocava uno stridio derivante dall’attrito della sua mano sudata che scivolava sullo scorrimano. Una volta finite le scale, Concetta si sedeva sul bisolo per fare una piccola pausa. Concetta una volta seduta disse Hai Hai! Chi bella iunnata i suli sta matina…ma Petra dimmi chi facisti a ieri sira? mi dissiru chi niscisti con cocca adunu. 4 Petra rispose ieri niscia cu Ginu. Ie un bravu figghiolo! allora subito Concetta ribatte: E cu ie Gino? I cui è figghiu? Petra ci penso un attimo, poi rispose: ie u figghiu i Mimma e i Pippu a bonanima sua. 5 Concetta subito curioso ribatte e chi facisti? cunta cunta…6 Allora concetta comincia: ma chi nì sai mi vinni a pigghiari fino a casa! ruvao tutto allicchittato supra a so vespa..Matri tuttu troppu beddu chi capiddi sistemati ie na camicia pulita… 7 Non finì di raccontare la storia che arrivò Mari Ciccia. Le tre si scambiarono affettuosi saluti e si incamminarono verso la messa. Appena partiti sentirono ancora Din..Don..Din..Don.. l’ultima ora, le campane suonavano ogni 15 minuti. Gino questa volta fece un sussulto sentendo le campane ma poi si girò dall’altra parte e continuò a dormire. Camminarono per ben 15 minuti tirati facendo qualche pausa qua e là e si ritrovarono in piazza. Una volta in piazza, camminarono ancora più piano in modo da farsi vedere da tutti. Si sedettero proprio nella panchina centrale della piazza, tutti le guardarono, loro salutarono e si misero a chiacchierare con tutti, quando ancora Din..Don..Din..Don… Ad un tratto, si avvicinò Cammela a cuttigghiara era sempre in cerca di qualcuno a cui raccontare i suoi curtigghiu ma soprattutto ascoltare altri curtigghi in modo da riempire il suo tempo, allenare la sua parlantina. Una volta lì davanti Buongiorno signore, ma come siamo belle questa mattina! le tre, ricambiarono il saluto. Carmela utilizzava sempre la stessa strategia, inizialmente buttava giù una serie di complimenti e ringraziamenti vari in modo da attrarre l’attenzione e fare sentire bene il suo pubblico, poi quando tutte pendevano dalle sue labbra partiva con la sua storia, inizia sempre dalla storia più in voga del momento, poi se vedeva esserci un ricambio allora andava giù più pesante fino agli scoop che manco i muri conoscevano. E fidatevi lei ne sapeva davvero tante, il suo lavoro era quello ed era assatanata dal saperne sempre di più, sapere tutto di tutti. Quel giorno esordì con la storia da Fubba (la furba). La Fubba, era una vecchietta che non si vedeva mai, stava sempre chiusa in casa e non si sapeva niente di lei, non si sapeva cosa facesse, come vivesse e se fosse ancora viva. Si parlava di lei spesso, era l’unica di cui nessuno aveva filtro. Si raccontavano tante storie brutte e belle ma la maggior parte di queste vedeva sempre la donna in maniera cattiva vincente e furba. Ieri a putia ntrasiu na signora, Gina (la proprietaria della putia), mi dissi…chi mai l’avia vista. Iera vecchia, ma strana, aviva nu stile tuttu particulari cu nu cappeddu a tipo chiddi chi si vidunu nta televisione e parrava italianu. Ma Italianu bonu, comu parrano chiddi chi studiano assai, sicuru chi fici magari i superiori. Na vota chi ntrasiu, vaddau tutti i cosi e ci fici 50 mila dumanni, e da ago e filo si cattao fino a attrezzi i travagghiu. Proprio strana sta vecchia. Si cattau si tanti cosi. Gina mi dissi chi manco nto misi migghiori fici tutto sto guadagnu. Appena nisciu Gina cuminciò a cantari e ballari da contentizza e chiamò subito so figghiu Filippò e u mannau mi ci va appresso pi capiri da unni nisciu sta vecchia. Allora Filippu ci cuntao chi si fici u giro i tutti l’attività du paisi. Cattò, tutto cattau, inchiu u carrello si cattò magari nautru carrelo e u ghinchì. Tutti aierie ieruno sbarruati i sta cosa e tutti i vindanti mi cuntaruno a stissa cosa chi era troppu stranuuu. Ma a sapiti na cosa? Filippu a nsucutau fino a casa e ndovinati aunnni ruvao…A casa da Fubba! Cumbinazioni ie fossi o ie proprio a Fubba? E cu sapi e cui a cunusci! mai nuddu a vidiu nta facci! 8 La storia era quasi finita quando fu interrotta dalle campane Din..Don..Din..Don..Din..Don..Din..Don.. che suonavano di più per segnalare che mancava solo l’ultima quarto d’ora all’inizio della messa. Allora le tre ringraziarono Carmela per la storia e si incamminarono verso la chiesa. Carmela non aveva tratto alcun guadagno da quello scambio allora si avvicinò e disse, u sapiti chi c’è, magari io a nari a missa oggi, vengu con vui così vi ncumpagnu fino a ghiesa. 9 In questo modo, nel tragitto poteva ascoltare le loro discussioni. Le tre lo sapevano, conoscevano bene Carmela, ma era inutile cercare di evitarla o non parlare. Allora si misero in marcia e ripresero a chiacchierare lo stesso però ogni tanto aggiungevano al discorso una fandonia in modo da rendere il lavoro di Carmela più difficile. Appena arrivarono sul ponte che regala una bella vista della grande chiesa del paese dall’alto, rimasero tutte e tre sbalordite, c’era un matrimonio e la piazza di fronte alla chiesa era tutta piena di persone belle, sorridenti e vestite a festa. Concettina allora divenne ancora più contenta, i suoi occhi si illuminarono e una lacrima di gioia scivolò giù per il viso. Anche Mari Ciccia lacrimò, ma le sue lacrime erano lacrime di dolore per suo marito, l’aveva perso da qualche mese e ancora il ricordo era molto accesso. Petra invece era contentissima, nella folla distinse gli sposi, e già si immaginò il suo futuro con Gino li in mezzo sorridenti. Carmela non era per niente sorpresa ovviamente già era a conoscenza del matrimonio e sapeva tutto sul matrimonio si trattava di una fuitina 10. Carmela era venuta apposta per vedere come le persone si erano vestite, studiare la gente e conoscere altre storie per dissetare la sua irrefrenabile voglia di conoscenza altrui. Buongiorno Zia Concetta! Ma comu ti sei vestita e sistemata bene! Sei troppo bella questa mattina! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Buongiorno Petra! oggi, tu sei la più bella del paese! Insieme possiamo fare la sfilata di moda! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Ora possiamo uscire, sei troppo bella! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Hai Hai! Che bella giornata di sole questa mattina…ma Petra dimmi che hai fatto ieri sera? Mi hanno detto che sei uscita con qualcuno. Your browser does not support the audio element. ↩︎ E’ il figlio di Mimma e Pippo defunto e degno di rispetto. Your browser does not support the audio element. ↩︎ E che hai fatto? racconta… Your browser does not support the audio element. ↩︎ Non puoi capire, è venuto a prendermi fino a casa! e arrivato ed era tutto sistemato con la sua vespa bianca. Mi davvero troppo bello, con i capelli e la camicia perfetti… Your browser does not support the audio element. ↩︎ Ieri alla putia (negozio tipico siciliano dove in genere si vende qualsiasi cosa) è entrata una signora*, Gina (la proprietaria della putia), mi disse che non l’aveva mai vista. Era anziana e strana, aveva uno stile particolare, portava un cappello come quello che si vede alla televisione. Parlava in italiano molto bene. Come parlano le persone che studiano tanto, sicuramente avrà conseguito anche la scuola superiori. Una volta che entrò, ha guardato tutto il negozio e fece tante domande. Comprò tutto da ago e filo, fino agli attrezzi da lavoro. Ha comprato così tante cose che Gina, la proprietaria del negozio, neanche nel mese migliore guadagna così tanto. Appena uscita, Gina si mise a ballare e a cantare dalla contentezza e chiamò suo figlio Filippo e lo mandò a seguire la signora in modo da capire da dove proveniva. Filippo, raccontò che fece tutto il giro dei negozi del paese e comprò tantissime cose, Riempi il carrello e si comprò anche un altro carrello e lo riempì. Tutti i venditori erano sorpresi di questa cosa e mi raccontarono tutti la stessa cosa. Era troppo strano. Ma la sapete una cosa. Filippo la seguì fino a casa e indovinare dove andò….A casa della Furba! E’ una combinazione oppure è proprio lei? E chi lo sa? Chi la conosce! Mai nessuno l’ha vista in faccia.* Your browser does not support the audio element. ↩︎ Lo sapete che c’è, anche io devo andare a messa oggi, vengo con voi così vi accompagno. Your browser does not support the audio element. ↩︎ Fuitina: fuga repentina che identifica l’allontanamento di una coppia di giovani aspiranti coniugi dai rispettivi nuclei familiari di appartenenza, allo scopo di rendere esplicita (o far presumere) l’avvenuta consumazione di un atto sessuale completo. ↩︎

Naiu valia..La commissione alla posta!

Gino apri gli occhi, quella mattina si svegliò un po’ turbato di ciò che era avvenuto la sera prima ma soprattutto con un brutto pensiero, forse aveva fatto un incubo. Sollevò lo sguardo, guardò l’orologio e la sua faccia si scurì immediatamente. In un attimo aveva realizzato che era giovedì e doveva fare una commissione. Non aveva la minima voglia di fare questa commissione e rabbrividì al solo pensiero. Si girò d’altro lato sperando di addormentarsi nuovamente e di svegliarsi il giorno dopo. Chiuse a malapena una palpebra quando sentì una voce dal profondo e non era un incubo, purtroppo, era sua mamma che urlava: Gino svigghiati chi iè taddu. Ti ricoddi chi m’ha spicciari da cosa a posta? U sai chi io non ci pozz’ annari! 1 Quindi, era tutto vero. Sua mamma aveva bisogno di lui, ma la commissione alla posta Gino non l’aveva mai mandata giù, la faceva controvoglia e lo metteva di malumore. Allora risponde alla mamma: mamma fammi dommiri, fammi dommiri autri 10 minuti! Poi mi siddiu e sugnu stancu e u sai che na suppottu Naiu Valia! 2 la mamma gli urlò subito contro insistentemente fin tanto che Gino decise di alzarsi. Scese le scale con i capelli e la faccia stropicciata, prese il caffè e lì accanto trovò le carte, carte che doveva portare alla posta. Le guardò, poi si mise a giocare con la tazzina di caffè mettendola vicino agli occhi in modo da fare sparire le carte dal suo sguardo. Alla fine si rassegnò, si alzò, prese le carte e uscì. Attraversò il vialetto e si ritrovò di fronte alla piazza del paese. In piazza a distanza vide due donne, già da lontano riconobbe Cammela a cuttighiara 3 che parlava con una certa veemenza che la caratterizzava. Stava raccontando alle vicine la disavventura proprio di Gino del giorno prima “Scinni Papà”. Carmela non appena lo vide arrivare, cambiò subito discorso, tanto sapeva tutto di tutti e aveva tanti cuttigghi a disposizione da raccontare. Gino si sentì un po’ osservato mentre passava e percepì in sottofondo un po’ di sghignazzi. Una volta in piazza, vide Don Gianni che stava lì seduto ad aspettare che il tempo passasse. Don Gianni salutò Gino con molto rispetto e un bel sorriso affettuoso, erano molto amici i due. Gino ricambiò. Poco più avanti Ciccio invece gli disse: Ma tò patri a unni u lassasti? Aoggi nun scinniu? 4 chiaramente una provocazione, una presa in giro poco velata da parte di Ciccio. A quel punto Gino capì che si riferiva al giorno precedente e allora rispose a tono: Ciccio Birra ma picchì non ti bivi na birra e ti cucchi? 5 Proseguì però senza fermarsi, non voleva problemi quella mattina, già ne aveva tanti, la sua missione principale era la commissione in posta. Superata la piazza, si ritrova di fronte alla posta. Già in lontananza poteva sentire la puzza di sigaretta misto profumo d’arancia e di cocco di Naiu Valia e già gli veniva un senso di vomito. Non appena arrivò all’ingresso la vide. Naiu Valia era lì, sicca sicca, con i capelli scuri, la faccia scura, vestita di nero, come sempre, a non fare nulla. Aveva quello sguardo rilassato ma anche minaccioso e incavolato. Allora Gino entra in silenzio e lei subito a tono: cu non mori si rividi! Ma cu ti porta? C’ha fari? 6 Gino rispose dicendo che doveva fare due raccomandate, prendere un pacchetto…. non lo fece neanche finire di parlare che rispose Ma chi ti sbigghiasti ora? tutto oggi a fari? iè tardu, su i 10, no sai chi io a fari a pausa? Si voi mi poi spettari ca, poi quannu tornu videmu chi putemu fari. 7 Gino non aveva voglia di problemi quella mattina allora rispose che andava bene e si sedette. Aspettò lì seduto sino alle 11 ma niente, di Naiu Valia nessuna traccia. Allora si fece una passeggiata e andò a bere un po’ d’acqua al lavatoio (posto utilizzato una volta per lavare i panni). Una volta ritornato vide due vecchiette dentro che dovevano ritirare la pensione e Naiu Valia che era appena tornata. Gino allora si avvicinò e Naiu Valia lo richiamò subito Gino ma che fai? non vedi che c’è gente. Devi aspettare il tuo turno e prendi il numerino. Mica siamo al mercato qui! allora Gino stava per innervosirsi ma sapeva che non era il caso e non poteva perchè se tornava a casa senza aver sbrigato le commissioni poi sentila la mamma. Allora disse: va bene aspetto e prese il numerino. Naiu Valia, cominciò a parlare con le vecchiette di tutto, sembrava di essere davvero al mercato. Cominciarono dal l’uncinetto per finire con le ricette di cucina siciliane. Gino non ne potè più, era stanco e si addormentò. Non appena aprì gli occhi vide che non c’era più nessuno ed era finalmente arrivato il suo turno. Allora si avvicinò al bancone, lì di fronte a Naiu Valia, lì pronto con tutte le sue carte e le sue cose da sbrigare, dice: è il mio turno adesso giusto? Naiu valia rispose: Ma beddu chi ti sbigghiasti ora! Non vidi chi ie menzionnu. Io annari a manciari. Tranquillu….rilassati i poi fari dumani! tantu ca fari? 8 Se siete arrivati a leggere fin qui avete capito perchè l’addetta della poste aveva come soprannome Naiu Valia. Questa storia ovviamente è un’ esasperazione. Non vuole essere provocatoria verso gli uffici postali né verso gli addetti postali né contro il sud o il nord, è solo una storia, prendetela così com’è e state tranquilli e rilassatevi! Traduzioni e audio: Gino svegliati che è tardi, ti ricordi che mi devi sbrigare quelle commissioni all’ufficio postale? Lo sai che io non posso andarci! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Mamma fammi dormire! fammi dormire altri 10 minuti! Poi mi scoccio e sono stanco e lo sai che non sopporto l’addetta della posta! Your browser does not support the audio element. ↩︎ cuttighiara persona che ama sparlare di altre persone Your browser does not support the audio element. ↩︎ *Ma dove hai lasciato tuo papà? Oggi non è sceso con te? *Your browser does not support the audio element. ↩︎ Francesco detto Ciccio Birra perchè non ti bevi una birra e vai a letto? Your browser does not support the audio element. ↩︎ Chi non muore si rivede! Ma chi ti ha consigliato di venire? Che cosa devi fare? Your browser does not support the audio element. ↩︎ Ma ti sei svegliato ora? Devi fare tutto oggi? è tardi, sono le 10, non lo sai che io alle 10 devo faccio la pausa? Se vuoi puoi aspettarmi qui. Quando trono vediamo che cosa riusciamo a sbrigare. Your browser does not support the audio element. ↩︎ Ma bello, ti sei appena svegliato! Non vedi che è mezzogiorno. Io devo andare a pranzare. Stai tranquillo e rilassati, le puoi sbrigare domani le commissioni. Tanto che cosa hai da fare? Your browser does not support the audio element. ↩︎

Scendi papà.. uno strano soprannome!

Scendi papà! disse Gino seduto sulla sua vespa una volta arrivato nella piazza centrale del paese. Non sentendolo scendere allora ripeté dai..scendi papà! Ma niente, allora una terza volta scendi pa.. lo ripetè girandosi, ma il papà non c’era! Allora cominciò ad impallidire e divenne bianco, un tutt’uno con il bianco della sua tanto amata Vespa. Sfortunatamente per Gino quel giorno era la festa del paese di Sant’Antonio e la piazza era piena colma di gente. Tutti, in piazza, si girarono a guardare la scena e cominciarono a ridere. Gino dal bianco divenne rosso, poi girò la vespa era molto preoccupato per il papà allora tornó indietro alla sua ricerca. Dal paese scese giù in velocità cercando di guardare in tutte le direzioni, era agitato e man mano che scendeva e non lo trovava si agitava sempre di più. Una volta arrivato al paese adiacente vide un vecchietto seduto a bordo strada su una sedia bianca, in silenzio che osservava. Gino si avvicinò e gli chiese se aveva visto suo papà. Lui rispose 153, 24, 7 e 1. Gino non capì allora proseguì per la strada e dopo poco, finalmente trovo tanta gente, tutti attorno a soccorrere il papà. Hai hai! Urlava il padre. Chi figghiu sciaguratu chi iaiu! Nenti vali! mancu a Vespa sapi puttari! Gino quella mattina aveva commesso due grandi errori. Quello di aver fatto cadere il padre dalla vespa senza accorgersene, ma anche di essersene accorto troppo tardi e davanti a troppa gente. Il secondo fu il problema più grosso, che lo segnó a vita. Da quel momento la sua storia tramite il cuttigghio, fu raccontata a tutti in paese poi nel paese vicino e così via in tutta la città. Fintanto che tutti non arrivarono a conoscere la disavventura di Gino. Fu un attimo che Gino fu soprannominato “scinni papà!” Fortunatamente Gino, non andava troppo veloce con la Vespa allora suo papà, se la cavò con solo qualche piccola ammaccatura e un’abrasione lungo tutto il braccio. Gino non se n’era accorto poichè quella mattina era sommerso di pensieri, pensava alle commissioni che lo attendevano l’indomani. Ma alla fine, cosa voleva dire il vecchietto saggio a bordo strada? Era lì da tutta la mattina e aveva visto passare 153 macchine, 24 moto ape, 7 motorini e 1 solo stupido, si è fermato dopo essere passato più volte con e senza papà. Traduzioni: Chi figghiu sciaguratu chi iaiu! Nenti vali! mancu a Vespa sapi puttari! Che figlio sciagurato che ho! non vale nulla! non sa neanche guidare la sua vespa! cuttigghio sparlare di altre persone

La sveglia inattesa.. A banniata!

Si cominciava ad intravedere qualche raggio di sole, che splendeva sui ciottoli bianchi della spiaggia. I piccoli vetrini creavano un riflesso ancora più forte, quasi abbagliante. In lontananza si intravedevano delle barchette che dondolavano in mare. Quella mattina l’acqua era molto calma, piano piano le piccole barchette si avvicinavano verso la riva e divennero pescherecci di media grandezza. Sul lungomare, una coda di lape (moto ape) in attesa. Gino sta ancora dormendo, ieri ha fatto consegne fino a tardi. Oggi u mari ie chinu i pisci! 1 si sente urlare in lontananza. La prima barchetta di un anziano pescatore attracca, un pescivendolo si avvicina e con il suo garzone comincia a scaricare cassette piene di pesce. Le trasportano sulla loro ape, di colore giallo sbiadito, ne aveva fatta di strada e ne aveva preso di sole quell’ape. Riempiono il cassone con le cassette piene di pesce fresco e ci misero sopra pezzi di ghiaccio per mantenerlo. Chi bellu pisci, pisci friscu!! pisci spada, sciabulata, aguglia, curstadelle io iaiu! 2 sentì in lontananza Gino, stava ancora dormendo e voleva tanto continuare a dormire ma oggi era martedì e come tutti i martedì puntuale passava Francu u pisciaru. Mu fai un chilu i curstadelle!! 3 sentì Gino urlare dalla casa accanto. il pescivendolo si ferma, scende e si avvicina alla bilancia, bilancia bellissima, enorme, con due piatti e un bilanciere dorato. Mette due pesi da mezzo chilo sopra un piatto della bilancia, sull’altro, mette un foglio e ci butta sopra a pugni le costardelle fintanto che i due vassoi non siano in equilibrio. Signura c’ha regalu! sulu sta junnata 5 euru o chilo! 4 Sempre urlando, in modo che anche le massaie vicine potessero sentire. Un cestino di vimini (u panaru) cala giù con una carrucola dal balcone. Il garzone prende i soldi dal cestino e ci mette le corstadelle, ci aggiunge due limoni e un pò di prezzemolo. Fortunatamente per Gino, quella mattina nessun altro tra i suoi vicini rispose all’offerta di Francu. Allora sentì il forte rumore dell’ape che piano, piano si allontanava. Il rumore stava per terminare e finalmente Gino avrebbe potuto riprendere a dormire. Banane, mulinciane, pumadoru, kiwi io iaio. Culi voli l’ovaaa! 5 il sonno di Gino fu presto interrotto da Pippo u viduraru. Viniti,viniti,accattati,accattati, tutta roba frisca iè! 6 Alla fine Gino come tutti i martedì, decise di alzarsi, anche se ancora presto e ancora assonnato, spalancò la finestra, un forte sole e tanto calore illuminò la sua giornata. Audio Siciliani Oggi u mari ie chinu i pisci! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Chi bellu pisci, pisci friscu!! pisci spada, sciabulata, aguglia, curstadelle io iaiu! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Mu fai un chilu i curstadelle!! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Signura c’ha regalu! sulu sta junnata 5 euru o chilo! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Banane, mulinciane, pumadoru, kiwi io iaio. Culi voli l’ovaaa! Your browser does not support the audio element. ↩︎ Viniti,viniti,accattati,accattati, tutta roba frisca iè! Your browser does not support the audio element. ↩︎